𝐋'𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐜𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥'𝐮𝐨𝐦𝐨 𝐞 𝐥𝐚 𝐦𝐨𝐫𝐭𝐞
Aggiornamento: 17 dic 2022
Una contraddizione insuperabile sembra aprirsi fra l'esserci inteso come un essere-possibile e la morte che esprime la più radicale impossibilità dell'esistenza. In primo luogo la morte non va confusa col semplice decesso e non ha il senso di un fatto osservabile presso gli altri. La morte è una possibilità dell'esistenza e il suo senso è di essere propria di ognuno. Anzi, è la possibilità più propria incondizionata, insuperabile, certa e determinata. Come tale essa non sopraggiunge a un certo punto come qualcosa di estraneo all'esistenza, ma incombe su di essa fin dalla nascita. Questo rapporto fra esserci e la morte può assumere la forma inautentica o autentica. Nella prima siamo in fuga di fronte alla morte , un rifugiarsi nel ''si muore'', un evasione nella chiacchiera, nella curiosità per la morte degli altri e nell' equivoco del ''non si tratta di me''.
Nella forma autentica il rapporto con la morte è dominato dall'angoscia che non ha nulla a che spartire con la paura o timore della morte; anzi essa si accompagna con la assunzione piena per ciò che essa è e per un essere - per- la morte. L' esistenza autentica, cioè più propria, è l' angoscioso autoprogettarsi nella possibilità più propria, la morte.
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